La formazione e i metodi
Sempre più frequentemente le imprese si rivolgono alle società di formazione che si adoperano a formare persone capaci di gestire un progetto, alle volte attuando una formazione intervento[1] altre volte formazione tradizionale in aula altre ancora la formazione a distanza[2].
Fare formazione significa[3]:
(.) intervenire, in maniera finalizzata e organizzata, sulla cultura professionale di individui e gruppi, attraverso la metodologia dell’apprendimento consapevole.
Essendo un apprendimento consapevole, il soggetto è consapevole di come e cosa sta apprendendo. La formazione ha come obiettivo lo sviluppo delle conoscenze, abilità e informazioni possedute dal personale. Il risultato della formazione è quindi l’apprendimento che può essere:
semplice (addestramento puro) per aggiunta di nuovi elementi (informazioni, conoscenze) la cultura dell’individuo viene aumentata ma non modificata.
complesso (formazione pura) per modifica del campo cognitivo della persona, quindi cambia la cultura professionale, per esempio imparare una nuova tecnica che ne sostituisce una precedente.
Tale obiettivo può essere conseguito con differenti modalità e in funzione dei diversi orientamenti[4] e politiche di gestione del personale a sostegno della strategia aziendale.
L’attività di formazione è una risposta alle esigenze dell’organizzazione in seguito ad un’attenta analisi dei bisogni. Nelle aziende più innovative, come ad esempio quelle strutturate a progetto o a matrice, la formazione è di supporto ai processi di flessibilità dell’organizzazione.
Possiamo considerare i destinatari della formazione lungo un segmento che ha due variabili principali, quelle organizzative (unità o funzioni a cui appartengono) e individuali (categoria professionale).
Come abbiamo già detto un programma di formazione è preceduto da un’analisi dei bisogni (Bruscaglioni 2002), che può avvenire attraverso un vero e proprio piano di marketing interno, che prevede una raccolta di informazioni e un’analisi organizzativa, per strutturare un programma di formazione più adeguato.
Vi sono diversi tipi di bisogni formativi per i lavoratori, si deve tener conto del ciclo di vita professionale e la collocazione nel ciclo di vita aziendale (possiamo avere neo-assunti o lavoratori “maturi”) e del potenziale di crescita.
La professione del formatore[5] ha tre componenti fondamentali. Competenza di contenuto, questo implica una buona conoscenza della materia o tematica che viene insegnata, sull’oggetto proposto all’apprendimento.
ü Competenza di campo, quindi deve conoscere bene l’organizzazione che in genere è il richiedente-committente-destinatario della formazione; conoscere ed interpretare i collegamenti fra formazione e organizzazione.
ü Componente di metodo e processo, è essenziale la competenza sui metodi e processi che influenzano i reali risultati e sulle dinamiche attraverso cui avviene l’apprendimento.
Possiamo considerare tre tipi di formazione: degli individui, di ruolo, di organizzazione[6].
Le metodologie didattiche sono diverse in base al coinvolgimento dei destinatari e possono essere[7]:
la lezione: può avvenire da parte del docente anche con supporti multimediali, il coinvolgimento è di tipo passivo e lo scopo è la trasmissione di informazioni;
metodo dei casi: ha come obbiettivo quello di educare al problem solving, ha come oggetto l’esposizione scritta di una situazione aziendale e i partecipanti devono analizzare il problema e trovare possibili soluzioni;
l’incident: ha come obiettivo quello di sviluppare la capacità di analisi e raccolta dei partecipanti. E’una variante del metodo dei casi, perché prevede la risoluzione di un problema più specifico e la richiesta d’informazioni per la decisione è fatta dai partecipanti;
il role playning: ha come obiettivo sviluppare capacità di critica dei comportamenti e presa di decisioni per cui avviene un coinvolgimento diretto in una situazione aziendale, impersonandone i protagonisti;
l’in basket: ha come obiettivo esercitare la capacità di prendere decisioni in diversi campi in tempo limitato. Viene utilizzata una tecnica di simulazione operativa. I partecipanti devono risolvere i problemi che sorgono in una giornata mediante comunicazioni scritte (il basket è il contenitore della corrispondenza);
il bussines game: ha come obiettivo sviluppare capacità decisionali in situazioni complesse, può essere utilizzato come strumento di sintesi in corsi che sviluppano temi diversi. E’ uno strumento di simulazione sequenziale, i partecipanti competono tra loro in gruppi-imprese, in una situazione di mercato che si sviluppa nel tempo in conseguenza delle decisioni che sono state prese dai gruppi;
il T-Group: l’obbiettivo è migliorare la capacità di controllo delle relazioni personali e altrui, di comunicare e di far interagire un gruppo. I partecipanti devono vivere e analizzare criticamente la dinamica interpersonale all’interno di un gruppo stimolato, più o meno palesemente da un trainer; metodo indicato anche come: analisi transazionale ( Abe Wagner 1997)[8];
outdor developpement/outward bound: l’obbiettivo è sviluppare la capacità di mobilitazione di tutte le proprie risorse e di sbloccare schemi di apprendimento in situazioni estreme e inusuali per il soggetto. Sono usati territori naturali inospitali e difficili (rapide, ghiacciai, deserti) entro i quali vengono assegnati problemi reali al limite della sopravvivenza (survival training);
learning community: ciascun soggetto è responsabile in prima persona dell’identificazione e realizzazione dei propri obiettivi di apprendimento nonché della collaborazione con altri per identificare e realizzare i loro obiettivi;
action learning: consiste nel porre l’allievo (in genere manager o quadri con esperienza e responsabilità) in una situazione di apprendimento con l’incarico di realizzare un progetto nuovo di cambiamento organizzativo, il che implica un’acquisizione di conoscenze e capacità non solo all’esterno ma anche attraverso una rielaborazione individuale e una scoperta originale;
metodi riflessivi: aiuta il soggetto ad abbattere le “procedure difensive” che isolano i modelli mentali da una possibilità di verifica e che lo rendono estremamente rigido nel proteggersi dal disagio e dalla minaccia rappresentati da una situazione di apprendimento. Il metodo favorisce la ricostruzione di modelli mentali, mappe cognitive, contenuti di pensiero.
Di solito le aziende si rivolgono a società di formazione esterna, ma ci sono casi in cui si valorizza il talento individuale e l’esperienza delle RU interne e si utilizzano come figura di trainer, per esempio[9]: una persona che ha maturato competenze nel settore acquisti, può impegnarsi come trainer nelle tecniche di negoziazione e un esperto dell’ufficio stampa come trainer per le relazioni pubbliche.
C’è una variabile presente tra i metodi della formazione ed è l’assunzione l’uso del “gioco”.
[1] Formazione che si basa sulla partecipazione degli attori ( management, lavoratori..). Sposa la teoria dell’empowement, (Piccardo) che significa: attivare un processo volto a sviluppare la capacità e influenzare il contesto e la realtà in cui operano gli individui, citato in: Di Gregorio R. (2000) Progettare per apprendere nella pubblica amministrazione, Guerini e Associati, Milano.
[2] E-learning una modalità di formazione a distanza, che consente di effettuare simulazioni virtuali di laboratorio, esercitazioni, verifiche, aggiornamenti. Di Nicola P., Comuniello P,2003, op. cit., p. 28.
[3] Per una trattazione sulle fasi della formazione: Bruscaglioni M. (2002) La gestione dei processi nella formazione per adulti. Franco Angeli, Milano, p. 25-26.
[4] Orientamento temporale a breve periodo si predilige la formazione semplice (addestramento). Orientamento temporale a lungo periodo predilige la formazione complessa, cambia le tecniche e la cultura professionale (Costa G. 1997).
[5] Bruscaglioni M., 2002, op. cit., p. 36-37.
[6] Per la trattazione di alcuni casi nella pubblica amministrazione, si veda: Di Gregorio R. (2001) Progettare per apprendere nella pubblica amministrazione, Guerini e Associati, Milano.
[7] Costa G., 1997, op. cit., pag. 267-270.
[8] Borella V. (a cura di) (2005) Il manager transazionale. Come risolverei Problemi delle persone con l’analisi transazionale, Franco Angeli, Milano, p. 89.
[9] Perrone F. (2004) Manager del cambiamento, la gestione delle persone e dei processi nell’era post-industriale, Franco Angeli, Milano, p. 186.
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