percezione, rumore cognitivo e interpretazione soggettiva

  • Sei sicura che la reatà è ciò che vedi?
    Il modo di vedere la realtà non è "obiettivo", dipende dalle nostre esperienze in base alle quali elaboriamo le realtà recepite dai sensi. Nel processo comunicativo interpersonale ciascuno percepisce se stesso e l'altro in modo soggettivo. Questi aspetti soggettivi consentono all'individuo di inserire le informazioni che riceve dal mondo esterno in un sistema di riferimento stabile che gli permette di adattarsi all'ambiente, ma, nello stesso tempo, contribuisce a rendere il processo comunicativo ancora più complesso e difficilmente controllabile. Ci sono, poi, dei fattori che possono influenzare la comunicazione creando difficoltà di vario genere. Tra questi elementi di disturbo (noice) nella comunicazione interpersonale si possono ricordare lo stereotipo e il pregiudizio.
    Lo stereotipo si può definire come quel meccanismo che ci fa interpretare la realtà non in base all'esperienza, ma in base al modello che un determinato gruppo si è costruito di quella realtà. Gli stereotipi non solo non ci permettono di cogliere la realtà come essa è, ma possono anche disturbare in modo consistente la comunicazione interpersonale.
    Il pregiudizio, invece, è un atteggiamento sfavorevole verso una persona o una categoria di persone che non si modifica neanche in presenza di informazioni contrarie. Il pregiudizio non permette di recepire in pieno le informazioni ricevute poiché esse vengono filtrate in modo da cogliere solo quelle che confermano la propria convinzione. Sia gli stereotipi che i pregiudizi disturbano la comunicazione interpersonale anche se hanno l'innegabile vantaggio di semplificare molto la realtà e di risparmiare energia e conflitti all'individuo.
    Altri fattori che influenzano la percezione di sé e dell'altro nella comunicazione sono:
    le caratteristiche individuali;
    -il modo di conoscere e strutturare mentalmente la realtà;
    gli stati emozionali che influenzano notevolmente la percezione che la persona ha di sé e dell'altro;
    -l'attribuzione di intenzioni che non corrispondono alla realtà giudicando il comportamento del partner comunicativo in senso negativo senza avere chiesto conferma della percezione soggettiva: spesso le intenzioni del partner non sono quelle che sembrano;
    -persuasione egocentrica in base alla quale si pensa che l'unico modo di vedere il mondo esterno sia il proprio;
    -effetto alone: quando si coglie un aspetto positivo o negativo si tende ad estenderlo a tutta la persona; così accade che, se abbiamo di una persona una impressione globalmente negativa, tendiamo a sottovalutarne i tratti positivi.

la simulazione e la formazione in azienda

“Nel futuro, il vantaggio competitivo delle economie avanzate consisterà nella qualità, efficacia, e rilevanza della loro offerta di formazione e pratica”. National Committee of Inquiry in Higher Education ( 1997).
Le organizzazioni d’oggi sono chiamate ad operare in ambienti sempre più complessi, sottoposti ad ogni tipo di sollecitazione esterna, influenzati al contempo da una forte evoluzione tecnologica e culturale e da un’accelerazione verso un continuo miglioramento, accompagnato da una crescente esigenza d’integrazione interfunzionale. Sempre più importante è capire il ruolo che ciascuna persona è in grado di assolvere.
Manager, a qualsiasi livello organizzativo, devono muoversi in questo difficile contesto in modo estremamente flessibile e veloce, consapevoli che il loro operato influisce profondamente sul successo del loro business[1].
Le risorse umane, con le loro competenze e il loro know how, il cosiddetto capitale intellettuale dell’azienda, sono dunque più che mai elementi focali delle nuove organizzazioni e concorrono in misura sempre maggiore a determinare il valore di un’azienda e la sua capacità di competere sul mercato. Tuttavia appare oggi molto più complicato identificare, governare e valorizzare le conoscenze correlate con il core business delle imprese: mentre, infatti, fino alla metà degli anni Settanta la vita lavorativa era caratterizzata dall’acquisizione di un bagaglio di conoscenze che rimaneva sostanzialmente invariato nel corso del tempo, oggi assistiamo alla rapida obsolescenza delle conoscenze dei lavoratori nel corso della loro carriera lavorativa.
Questo fenomeno ha effetti rilevanti sui programmi di formazione aziendali perché innalza la soglia di conoscenze necessarie a svolgere le tradizionali professioni, innesta processi di specializzazione sempre più spinti e, soprattutto, espande il periodo di formazione rendendolo sostanzialmente continuo.
Le aziende, quindi, sempre più spesso si affidano a strumenti di formazione del personale innovativi, non più finalizzati esclusivamente all’insegnamento per soddisfare un bisogno contingente di formazione, ma che si propongono di agire ad un livello più profondo dell’individuo promuovendo cambiamenti reali e duraturi negli atteggiamenti mentali, nelle abilità e nei comportamenti e quindi nei risultati dei manager.
I nuovi metodi di formazione aziendale si propongono di agire sull’apprendimento derivante dall’azione, secondo il principio del learning by doing (Bandura 1986) quindi imparare facendo, utilizzando, tra gli altri, strumenti che simulano processi gestionali nelle loro diverse sfaccettature e a diversi livelli di complessità. D’altronde le simulazioni sono da sempre utilizzate in vari ambiti al fine di imparare attraverso l’esperienza diretta: i piloti sono addestrati e fanno esperienza sui simulatori di volo e, nel campo della tattica militare, già nel 1950 le simulazioni erano un punto fondamentale della formazione degli ufficiali dell’esercito americano.
Le simulazioni cominciarono ad essere utilizzate come strumenti formativi nelle aziende a partire dalla fine degli anni Cinquanta; nel 1957 la McKinsey & Company Inc. sviluppò il primo "Business Management Game" cartaceo (Di Maira 2005).
Oggi l’efficacia dei Business Game (giochi di simulazione) come strumenti di formazione manageriale, supportati dall’utilizzo di piattaforme tecnologiche avanzate, è ormai ampiamente riconosciuta. Nei progetti di formazione aziendale basati sulle simulazioni l’apprendimento passa attraverso l’esperienza personale diretta: i docenti favoriscono momenti di riflessione, generalizzazione e applicazione alla pratica lavorativa dell’azienda d’appartenenza; i partecipanti si cimentano nella conduzione di un business virtuale in competizione con il simulatore stesso o con altri partecipanti creando un vero e proprio mercato competitivo.
Il Business Game è dunque uno strumento utile per rendere il soggetto più partecipe alla vita aziendale, permette di sviluppare la consapevolezza delle interdipendenze esistenti tra le diverse aree di gestione e di avere una visione globale dell’azienda, dei processi aziendali e delle relazioni dell’azienda stessa con l’ambiente esterno.
La possibilità di ottenere una relazione con i risultati della propria azienda e della concorrenza e la loro analisi consente ai partecipanti di sviluppare un approccio analitico alle decisioni aziendali, di comprendere le relazioni tra le decisioni aziendali e gli indicatori finanziari, sperimentare l’impatto delle dinamiche competitive sulle diverse aree aziendali e comprendere le leve di profittabilità e di creazione di valore. La crescente competitività, i cambiamenti che hanno portato alla liberalizzazione di alcuni mercati e la necessità di sviluppare competenze di successo specifiche hanno reso necessaria la definizione di modelli di simulazione ad hoc, che riproducessero le regole e le migliori pratiche del settore.
Diverse sono le aziende che si adoperano ad usare giochi di simulazione o meglio chiamati Business Game tra queste per il mercato dell’energia e del gas, ad esempio, Cesim organizza da anni l’European Electricity Challenge, una competizione annuale che coinvolge operatori europei del settore, energia e del gas, che si avvale dell’utilizzo di SIMPower[2], un modello di simulazione sviluppato da Cesim con operatori leader del settore, con l’obiettivo di migliorare quelle competenze necessarie per gestire gli effetti della liberalizzazione del mercato, sia dal lato della domanda sia dell’offerta, l’introduzione della borsa elettrica e di strumenti finanziari avanzati di copertura del rischio. L’innovativa metodologia di formazione consente alle società partecipanti di sperimentare l’impatto delle dinamiche competitive sulle diverse aree aziendali, sviluppando quelle competenze di successo necessarie per gestire gli effetti della liberalizzazione del mercato, dal lato della domanda e dell’offerta.
Non solo, la suddivisione dei partecipanti in squadre permette di esercitare il lavoro in team e condividere e diffondere le conoscenze e il know-how in azienda diventando così una learning organizzation [3].
Sono molte, le aziende in Italia, che si rivolgono a professionisti per ottenere un tipo di formazione, che consenta di avere all’interno, persone, qualificate e capaci di operare nei settori d’interesse.
La formazione per adulti, ha dei fattori di cui deve tener conto, tra i quali: l’esperienza dei soggetti, le motivazioni, le qualità cognitive, i bisogni introspettivi e personali, perciò, chi si occupa di tale formazione deve essere specialista dello sviluppo del “potenziale umano” (Demetrio1997) rendendo le persone in grado di mettere in gioco le pregresse conoscenze e capacità e integrarle con quelle d’acquisire attivando “la spirale del silenzio”(Nonaka e Takeuchi 1995).




[1] Questo tipo di flessibilità è richiesta maggiormente nelle organizzazioni a matrice e progetto in cui il lavoro è molto più dinamico.

[2] Gioco di simulazione spiegato nell’articolo scritto dall’Amministratore e fondatore di Cesim Italia, Gianfranco Di Maira : Innovazione nella formazione. http://www.assinform.it/community/utenti/contributi_index.asp
[3] Per una definizione si veda pagina 21.

Le Competenze individuali, valorizzate dalla tecnologia.

Nell’ultimo decennio le imprese si sono trovate ad operare in una realtà caratterizzata da: profonde rivoluzioni tecnologiche, da una crescente flessibilità e da mutamenti nelle professioni. Viviamo nell’era post-industriale, nella quale per le imprese si è affermata l’importanza delle competenze, delle conoscenze, delle capacità e dell’apprendimento continuo.
Le risorse umane occupano quindi un ruolo centrale nella gestione delle aziende moderne; sono un vero e proprio capitale per l’impresa, un lavoratore nell’arco della propria vita è in grado di crescere professionalmente e socialmente, migliorando il proprio modo di lavorare sia singolarmente sia in gruppo. Le organizzazioni si sono rese progressivamente conto di quanto siano importanti le competenze aziendali (core) e quelle delle persone che in esse lavorano, per raggiungere efficacemente gli obiettivi. Nella psicologia organizzativa americana tra gli anni Sessanta e Settanta nasce un vero e proprio “movimento delle competenze” capì che ciò che valuta una competenza va oltre il titolo di studio perciò è determinata soprattutto da ciò che una persona sa veramente fare. Polanyi (1944) ci ha evidenziato che c’è una conoscenza tacita che va fatta emergere, e Nonaka e Takeuchi (1995) ci hanno suggerito il processo che le fa emergere, descritto nella “Spirale della conoscenza”. Si rende dunque necessario porre una grande cura nella gestione del personale attraverso una valutazione dei lavoratori secondo quelle che sono le loro effettive capacità e non solo in base alla loro posizione occupata all’interno dell’organizzazione. La cultura aziendale rappresenta uno strumento di gestione del personale al fine di motivare le persone, e farle sentire parte dell’azienda.
In questo contesto, la performance aziendale viene valutata come l’effetto di vantaggi competitivi sempre più legati al know-how interno ed alle competenze acquisite e sviluppate nel tempo. Da qui nasce l’esigenza per un’azienda di misurare e valutare le performance attuali e future di ciascuna risorsa che ricopre uno specifico e predefinito ruolo, traducendo le competenze in comportamenti osservabili. Diversi sono gli orientamenti di gestione delle risorse umane, tra cui quello relazionale, temporale, strategico; molteplici sono gli strumenti usati per attivare questi processi tra quelli citati approfondiremo la formazione e i suoi metodi. La tecnologia è un valido ausilio che consente di archiviare elaborare e rendere disponibili informazioni utili affinché le aziende continuino ad apprende nel tempo ma soprattutto creare dei flussi e processi in grado di far apprende e migliorare la performance aziendale.
Tra gli strumenti per la gestione del capitale Intellettuale possiamo citare: KM, ERM, e-learnig.
Le imprese definite knowledge organization sono tenute a sviluppare e saper anche gestire al loro interno nuove conoscenze. L’approccio che applica il precedente modello (spirale della conoscenza) è detto Knowledge Management che oltre a gestire il processo d’interazione tra conoscenza tacita ed esplicita, trasforma una qualsiasi struttura organizzativa in una learning organizzation, che è il risultato della compartecipazione attiva delle sue parti, che combina know-how individuale e conoscenza diffusa a tutti i livelli organizzativi. Per cui si passa da un modello di relazione up e down ad un modello sinergico dove le relazioni s’intrecciano a vari livelli e vengono gestiste anche grazie al supporto delle due piattaforme tecnologiche: CRM, ERM
ERM (Employee Relationship Management) identifica un sistema che supporta la gestione delle relazioni con i collaboratori di una azienda: nasce dall'idea che una gestione più attenta delle relazioni con i collaboratori può portare a benefici aziendali.
Tra gli strumenti: Fac, news letters, gruppi sociali, blog, sms,forum, chat.
È chiaro che ogni strumento deve avere una strategia di comunicazione volta ad individuarne la necessità dell’utilizzo.
Infine abbiamo l’ e-learning che sostiene appunto la formazione continua, capace di essere fruita dai propri dipendenti ovunque ci sia un collegamento ad internet. Molto utile per le aziende che hanno diverse sedi o che vogliono ottimizzare le risorse economiche.
Il corso è strutturato una sola volta dal formatore (interno o esterno all’azienda) per cui il corso è unico ma può essere fruito da più dipendenti e contemporaneamente in posti diversi.
Il vantaggio per l’utente/dipendente è l’autonomia completa e il dislocamento da una sede fisica da raggiungere ed inoltre la possibilità di archiviare con più facilità le informazioni trasmesse per u ulteriore lettura.
Concludendo, un’azienda che guarda al futuro non può far a meno di prender in considerazione i benefici che derivano dall’uso di questi strumenti grazie ai quali si può “studiare”il contesto organizzativo e migliorarlo di conseguenza.

concorsi poco chiari

Non che io abbia mai creduto nella trasparenza dei concorsi, ma per una volta avrei voluto crederci
Dopo 2 mesi di studio su un concorso per una famosa azienda pubblica (550 posti) ho aspettato il risultato consultabile dal sito con una password personale.
Ho trovato il risultato: 45 corrette 35errate 15 nulle perchè in bianco e le altre 5?
La cosa che ha destato in me sospetto è che io le ho complitate tutte proprio perchè mi sono detta se proprio devo rischiare rischio...

ho controllato il codice del foglio risposte che in realtà è solo una barra senza numeri e il cartoncino associato ed era simile anche se fai fatica a capire se uguale perchè il codice a barre non è numerato.
Così ho provato a chiamare all'ufficio risorse umanne e mi hano detto che se il codice è lo stesso c'è poco da fare.
In realtà lo sapevo ma che fare? comunque ho specificato alla dirigente che quello non era il foglio delle mie risposte e che purtroppo non avrei mai potuto provarlo e che il codice era stato comunque cambiato. fiato sprecato? forse...